lunedì 27 dicembre 2010

E' morta Teena Marie

Se ne è andata Teena Marie, e chi ne sa di black music è triste assai.  L'album bianco, per paradosso cromatico, ama il nero anche senza conoscerlo tanto ed infatti siamo un po' dispiaciuti. Non era la nuova Billie Holiday o l'erede di Diana Ross, ma aveva una peculiarità dalla sua: era bianca. Quasi una Michael Jackson al contrario,  Maria qualchecosa Brockert in arte Teena Marie era, parafrasando la battuta di "The Commitments" ("Gli irlandesi sono i più negri d'Europa. I dublinesi sono i più negri d'Irlanda. E noi di periferia siamo i più negri di Dublino. Quindi ripetete con me ad alta voce: sono un negro e me ne vanto"), la più nera dei bianchi. Black music nel sangue ed anche in famiglia, avendo convissuto con Rick James. Cominciò ovviamente col soul, vedi
per poi approdare ai funkeggiamenti eighties stile
ed infine approdare all'hiphop ed al campionamento semiselvaggio, parabola non così anomala.
Non amo la sua musica, ma una bianca che voleva essere nera (e che ha inciso per la Motown) mi era simpatica assai.

venerdì 24 dicembre 2010

Diversamente Natale... versioni alternative per la gioia di tutti (NSFW, non fate leggere i più piccini!)

Che pessima idea una compilation di Natale. Il mondo è pieno di versioni rock-metal-reggae di Jingle Bells, astrodelciel, dell'Adeste fidelis e dell'ora dell'addio e ci sono carrettate di pacchianerie sdolcinate (provate questa o questa e poi vi perforerete i timpani) e do they know it's christmas e via dicendo. Ma sfrucugliando nella memoria e nel web si trovano ancora alcune gustose chicche che danno un sapore diverso alla permanenza sotto l'alberello. Abbiamo come sempre scelto le Top Five, secondo il gusto di questo preciso istante, con una di riserva. Di White Christmas suonata dai Stiff Little Fingers già parlammo un anno fa, quindi la glissiamo.


XTC, "Thanks for Christmas"


La canzone di Natale. Veramente natalizia e veramente canzone, secondo la struttura beatlesiana per cui si comincia con il ritornello e poi viene la strofa (stile She loves you, per intenderci). Sconosciutissima, gli XTC la pubblicarono sotto il nome di Three Wise Men (i tre re magi). Una gioia.


The Wetspots, "Fist me this Christmas"

Portate via i bambini. I Wetspots propongono un Natale anticonsumista ma non per questo meditativo. Ricordarsi il lubrificante ed il Natale sarà gioioso.


The Barenaked Ladies, "Jingle Bells".

La preferita di mio figlio. Una versioncina allegrotta e demenziale della semisconosciuta Jingle Bells, e i BNL non deludono mai.

The Tryfles, "Gloria (In excelsis Deo)

Si può cantare in contemporanea il Gloria classico e la Gloria di Van Morrison? L'immateriale ed il materiale? La sintesi, anche ontologica, è dei Tryfles. Debita precisazione: quel Gloria NON è di Mozart e quella Gloria NON è dei Doors (chiusa polemica).

The Pogues, "Fairytale of New York"

 Una bella storiella natalizia, due sbandati, lui etilista e lei tossica, si amano una notte di Natale per lasciarsi prima di quella di una anno dopo. Meraviglioso video b/n, emozione a quintali.

Antony e Boy George, "Happy Christmas"

E per finire un classico, la stucchevole lennoniana Happy Xmas, stavolta resa da due vocine non male. Curioso sentire Boy George che fa la voce bassa. Scusate il video ma non ho trovato di meglio su iutùb.
E sugli acuti di Antony non ci resta che augurarci/vi un Buon Natale un po' alternativo.

Pink Martini, Joy to the world, 2010 (er disco de natale!!)

A Natale siamo tutti più buoni, è vero, ma spesso già al 23 pomeriggio del Natale ne hai due palle così. Se poi dai un'occhiata ai dischi in uscita prenatalizia, perchè dedicati alla ricorrenza o semplicemente per calcolo di marketing, è verosimile che i testicoli aumentino di dimensioni. Provate a cercare su Gugol o su Iaùu quanti album sono usciti in questi giorni, ricchi fino alla nausea di temi natalizi. Troppi. Ma visto che siamo tutti più buoni qualcuno ho provato a sentirlo lo stesso e questo dei Pink Martini vale i 20 euri cacciati. Dopo Sympathique, meraviglioso, erano ben 3 album che i PM rompevano un po', riproponendo la stessa tiritera: siamo così bravi che vi intratteniamo qualunque cosa facciamo, persino, verità, il Tuca-tuca della Nonna Raffa (sta su Splendor in the grass), e lo facciamo in quattro lingue. Intelligenti, certo, coltissimi, beninteso, raffinatissimi, si sa, tecnicamente validissimi, ovvio. Ma avevano perso alcune venature inquietanti degli esordi ed anche un po' di nerbo. Invece in questo disco totalmente natalizio, pur cantando in giapponese ed arabo, italiano e russo, invertono la rotta ed intrattengono con garbo e gusto, riproponendo brani della tradizione natalizia raccolti in giro per il pianeta. L'Italia compare con una romanza di Verdi (azz, non la conoscevo...vergognavergogna) non particolarmente azzeccata ma la ebraica "Elohai N'tzor" o l'ucraina "Schnedryk"  o il crescendo di "Little Drummer Boy" sono piccole perle. Il finale poi, all'insegna di un meticciato musicale che al George W sarebbe andato di traverso, prevede una Silent Night (italicamente Astro del ciel) e una Auld lang syne (il valzer delle candele, si chiama chez nous, pur non essendo un valzer e non parlando di candele...) con strofe in arabo. Dove le abbiano recuperate non si sa... In breve, il disco natale per certo, se non volete la solita compilation celtica o jazzoira che avete già sentito da quel giorno che la cometa solcò la Palestina...

giovedì 23 dicembre 2010

Parole famose - 2 - Enzo Bearzot

"Se io ascolto I'm coming Virginia, il mio pezzo preferito di Bix Beiderbecke, mi vedo davanti agli occhi una straordinaria squadra di calcio. La batteria dà i tempi di fondo, un po' come il regista che detta le cadenze del gioco, il sax può essere il fantasista, il contrabbasso è il libero, capace di difendere ma anche di offendere, la tromba è il goleador" Enzo Bearzot. Ciao, Vecio

martedì 21 dicembre 2010

Antony and the Johnsons - Swanlights

Solo una nota, ma doverosa.
Stamattina, per vari motivi (non gravi, eh), sono partito di casa incazzato come una scimmia.
Perfino il recitare di Mimì Clementi mi avrebbe dato sui nervi, e questo la dice lunga, dato che è noto quanto io sia un piccolo fan dei Massimo Volume.
Ho ficcato nel lettore il nuovo disco di A&tJ e l'ho lasciato girare continuando a pensare ai cazzi miei. Dopo un po' mi sono accorto che Antony stava gorgogliando i suoi vocalizzi in vibrato, gli ho prestato un minimo di attenzione e mi son detto "Questo no, eh. Hai rotto proprio i coglioni con 'sta voce!" e ho solo immaginato, ma già con una bella soddisfazione, di premere il tasto eject, prendere il cd e scagliarlo a mo' di frisbee fuori dall'auto in corsa, a schiantarsi contro il ruvido muro che sfilava a fianco strada.
Non l'ho fatto, naturalmente, e non ne ho neanche interrotto la riproduzione.
E ho fatto bene, anzi, benissimo.
Antony è un grandissimo che sa usare quella voce insolita in modo magistrale. In quest'album poi lo stile è molto melodico e solare, meno cupo del precedente. Più pop, insomma e il vocalizzo di cui dicevo è solo un intermezzo nel primo brano, anche bello da ascoltare per bene.
In ogni caso alla fine è riuscito a rasserenarmi, a cullarmi beatamente nel viaggio verso il lavoro, a sciogliere quel nodo di incazzatura che avevo nel gozzo.
Poi magari, riascoltato con animo più tranquillo, potrebbe rivelarsi troppo accessibile, ma per il momento va benone, è un disco davvero piacevolissimo.


Non ho ancora finito di ascoltarlo, volevo solo riportare questa prima impressione perché almeno per me è più determinante che una critica a freddo.

lunedì 20 dicembre 2010

Matteo Negrin, Le lacrime di Giulietta, 2010

L'Italia è una repubblica fondata sui cognati, chiosava con amara sagacia Michele Serra, svariati anni fa. Puntava il dito contro il familismo imperante, le cattedre ereditarie, i ministeri e le aziende invase dai famigli del capo di turno, ma anche sull'abitudine del Belpaese di costruire in famiglia partiti, cordate economiche, fabbriche e fabbrichette, raccomandandosi vicendevolmente. Non è difficilissimo tenersi lontani da questo malcostume, a meno che non si possegga un parente veramente di talento. A quel punto si è rosi dal dilemma, è meglio rendere il giusto onore e rischiare di passare per l'ennesimo  maneggione italiota  o elegantemente tacere le virtù di amici e congiunti proprio meritevoli? Intrappolato in questa dolceamara situazione mi sono risolto a pubblicare il video del singolo di Matteo Negrin, come se non fosse il marito di mia sorella o il padre di mia nipote. Perchè? Perchè mi piacciono sia la musica, che mi riporta a quegli strumentali mediterranei di casa Egea stile Enrico Pieranunzi, i Mirabassi e compagnia bella sia il video, un timelapse disegnato in sincro con il brano. Il resto del disco (Glocal sound) non l'ho ancora ascoltato (la famiglia viene sempre in secondo piano..) e non so dirvi come è (siamo gente riservata) ma se volete accattarvelo, online c'è.  Così non dite che faccio pubblicità.

mercoledì 8 dicembre 2010

Sempre in memoria di Fra Giovanni Lennon

LEspresso o Repubblica o qualche altro cospiratore pubblica una saporita antologia di foto tratta dalle Getty Images di musici caschettati dai sixties in poi. Beatles e Getty Images, 2 garanzie al prezzo di una. Vedere a
http://static.repubblica.it/repubblica/gallerie/john-lennon/index.html?ref=HRER3-1.
Poi emozionarsi.

domenica 5 dicembre 2010

30 anni fa, John Lennon...

30 anni fa, a Nuova York, tal Mark Chapman, pazzariello scombinato, sparava al Sir John Lennon, trasfigurandolo per sempre da beneamato maestro musico a supersantone, mega-icona, ultra-guru. Su Rai5 il tutto viene commemorato con un'agiografica colata di miele, contrappuntata dalle ciance di Tony Sheridan (e passi), Edoardo Bennato (nooo...), Renzo Arbore (e bastaaaa!) che padrepiizza il buon Giovannino. Il malnatobennato si lancia pure in una partenopea "uendennait es-cam, endelén is-dàc" che sta agli anni 60 come Giorgio Faletti sta a Tacito. E a noi che abbiamo sentito Billy Shears guidare la banda di cuori solitari, marcettato agli ordini del Sergente Pepper, cercato campi di fragole eterni, a noi residenti occasionali in Penny Lane, non resta che la dimensione privata del ricordo. See you, John, e una maledizizone a tutti quelli che hanno fatto di te un eroe.