domenica 30 gennaio 2011

Se brucia anche l'Egitto... - Georges Moustaki, "En Mediterranée".

In questi giorni in cui il Mediterraneo torna ad essere inquieto ci è sembrata più che mai attuale questa canzone di Georges Moustaki (quello di "Lo straniero" per intenderci). I paesi che bruciano sono altri, i problemi rimangono gli stessi, gli olivi continuano a morire.

Dans ce bassin où jouent
Des enfants aux yeux noirs,
Il y a trois continents
Et des siècles d'histoire,
Des prophètes des dieux,
Le Messie en personne.
Il y a un bel été
Qui ne craint pas l'automne,
En Méditerranée.

Il y a l'odeur du sang
Qui flotte sur ses rives
Et des pays meurtris
Comme autant de plaies vives,
Des îles barbelées,
Des murs qui emprisonnent.
Il y a un bel été
Qui ne craint pas l'automne,
En Méditerranée.

Il y a des oliviers
Qui meurent sous les bombes
Là où est apparue
La première colombe,
Des peuples oubliés
Que la guerre moissonne.
Il y a un bel été
Qui ne craint pas l'automne,
En Méditerranée.

Dans ce bassin, je jouais
Lorsque j'étais enfant.
J'avais les pieds dans l'eau.
Je respirais le vent.
Mes compagnons de jeux
Sont devenus des hommes,
Les frères de ceux-là
Que le monde abandonne,
En Méditerranée.

Le ciel est endeuillé,
Par-dessus l'Acropole
Et liberté ne se dit plus
En espagnol.
On peut toujours rêver,
D'Athènes et Barcelone.
Il reste un bel été
Qui ne craint pas l'automne,
En Méditerranée.

Versi prima di coricarsi - "Wagner at the Opera", Chumbawamba

In ritardo sul Giorno della Memoria e dopo la visione di Ausmerzen di Marco Paolini, contro il delitto dell'oblio, dell'infdifferenza e dell'amnesia volontaria.

"A rattle for remembering
The rattle of the chains
A rattle for remembering
The rattle of the trains
From Warsaw down the decades
To hell and home again

All because they're playing Wagner at the opera
All because they're playing Wagner at the opera

For everyone we lost
I swing the rattle loud and long
I swing it 'til I drown out
All the music and the songs
This tattoo will last forever
And my memory is long

Here's to no more playing Wagner at the opera
Here's to no more playing Wagner at the opera
Here's to no more playing Wagner at the opera"

giovedì 13 gennaio 2011

Neil Young - Le Noise

Ammetto di conoscere poco Neil Young, e non me ne vanto affatto. Anzi, tra i propositi dell'anno nuovo dovrei inserire la voce "Approfondire la faccenda Neil Young", solo che con quel popò di discografia e l'attenzione che merita, la questione mi intimidisce un po'. Vedremo.
Comunque mi sono procurato questo ultimo suo disco. E mi è piaciuto, e parecchio pure.
In pratica c'è solo lui, voce e chitarra. Per otto canzoni.
Che detto così sembrerebbe l'annuncio di una palla insopportabile, e invece no. Sono bei pezzi, si ascoltano volentieri. Le chitarre sono immancabilmente distorte, con il risultato di riempire molto bene un accompagnamento altrimenti scarno, la voce risente un po' degli anni passati, ma regge bene la prova. In un paio di brani la chitarra imbracciata è quella acustica, e noto che questi sono quelli che mi piacciono di più nell'album. Vorrà dire qualcosa???
Consigliato.

mercoledì 12 gennaio 2011

Mozart e la corsa

Post prolisso che pubblico qui solo perché si parla di musica, ma in realtà il genere musicale che tratta è un terreno che conosco pochissimo. E in fondo parlo più dei fatti miei che di musica.

Per chi non lo sapesse, con una certa regolarità mi diletto nella corsa. Sono un amatore, niente di che, ma mi piace ed è un impegno ormai piuttosto prioritario nella mia vita.
La domenica, sempre per chi non lo sapesse, è il giorno tipicamente dedicato al "lungo", cioè a quell'uscita di corsa in cui si fanno tanti km ad un ritmo tranquillo. Si fa il fondo.
E chi si appassiona per la corsa finisce col farlo con quasi ogni condizione meteorologica a dispetto di buon senso e contro ogni tentazione di starsene al caldo sotto le coperte. Già, perché per chi tiene famiglia poi, è consuetudine partire la mattina presto, quando tutti i famigliari ancora dormono, perché comunque la corsa è solo un hobby ed è meglio che non sottragga troppo tempo e serenità alla vita domestica.
Per cui: avete presente quegli scentrati che vedete correre per strada la mattina presto o la sera, con la nebbia o la pioggia, quelli che vi fanno esclamare frasi tipo "ma chi glielo fa fare?" o "questo è matto"? Ebbene, io sono uno di quelli.
Veniamo al punto. Per alcuni motivi di cui dirò più avanti, solo da poco tempo ho iniziato a farmi le mie uscite domenicali con le cuffiette del lettore mp3 nelle orecchie. Come dicevo, in queste occasioni l'impegno è abbastanza blando, per quanto prolungato, per cui la compagnia di un po' di musica è l'ideale.
L'unico problema è che mentre uno corre non riesce smanettare agevolmente sul player, quindi è cosa buona e giusta impostare fin da prima della partenza una lista di brani che possa andare avanti da sola senza dovere ogni volta intervenire per cercare il pezzo giusto.
Io per attitudine personale e odio per le compilation, opto per album completi. Scelgo, imposto il brano 1 e parto, ascoltandolo dall'inizio alla fine.
Sabato sera titubavo nella scelta di cosa ascoltare il giorno dopo, quando, scorrendo i titoli nel mio lettore, ho scovato il Requiem di Mozart.
Ora altra digressione: io di musica classica non ne so un tubo. O quasi.
Non l'ascolto praticamente mai, se lo faccio mi distraggo in fretta e il mio gusto è molto elementare. Però il Requiem di Mozart rientra nelle mie poche conoscenze ed è tra le poche cose che so di apprezzare, così alla fine la scelta è caduta su questo.

Domenica mattina, dalle mie parti era una giornata orribile. Nebbia, pioviggine, termometro incollato tra i 3 e i 4 gradi. Assicuro chiunque che, nonostante la passione, in queste occasioni la voglia di andare a correre è davvero piuttosto bassa. Per farlo è necessario fare appello a qualche programma di allenamento, a qualche obiettivo che ci si è posti o ai rimorsi di coscienza che sappiamo che ci tormenteranno per tutto il giorno se decidiamo di non uscire.
E allora sono andato. Primi passi e la soddisfazione di essere uscito mi scalda subito il cuore, poi accendo il lettore.
Parte l'Introitus.
Meraviglia. Incanto. Delizia. Tutto ciò che vedo, la nebbia, i prati fradici, gli alberi spogli, le strade deserte, il vapore del mio fiato, i merli che cercano cibo, tutto diventa poesia. Un effetto difficile da descrivere, ma coinvolgente in maniera profondissima, totale. La musica di Mozart mi è entrata in corpo come non aveva fatto nessun'altra fino ad ora, roba da perdere la concentrazione e farsi investire da qualche rarissima auto.

L'argomento musica-per-lo-sport è un tema piuttosto diffuso: qualsiasi rivista specialistica sulla corsa[1] ne ha trattato l'argomento con qualche articolo. Qualcuna ha anche una rubrica fissa in cui vengono proposte delle playlists con brani adatti ai lunghi, al fondo medio, al fondo veloce… ognuno analizzato secondo i bpm che meglio si adattano al tipo di corsa che si sta facendo.
Va da se che Mozart difficilmente compare in queste liste.
Infatti, come dicevo, il fulcro delle playlists finalizzate alla corsa è il bpm ed il suo fine ultimo è quello di dare all'atleta la giusta carica[2] e magari anche la cadenza per il passo. Nella musica di Mozart il ritmo c'è, ci mancherebbe, ma non essendo cadenzato da sonori tunz, rimane meno efficace di Lady Gaga, per dire.
Per tornare al sottoscritto, il mio ascolto di musica durante la corsa è invece confinato tra due requisiti fondamentali: quel che ascolto deve piacermi e poi non deve essere troppo ritmato
Il primo requisito sembrerà banale, ma lo è meno di quel che sembra. Ho sentito con le mie orecchie (e con un brivido di raccapriccio) delle persone dire che della musica che sentono in cuffia non gli frega nulla, l'importante è che gli faccia compagnia o che gli dia il tempo.
Il secondo requisito, per quanto apparentemente paradossale, discende dal primo. Mi rendo conto che troppa della musica che ascolto ha un ritmo che niente ha a che fare con la corsa. Troppo irregolare o troppo lento o troppo complicato. Fatto sta che quando mi sono piazzato musica ritmata nelle orecchie, questa mi dava più fastidio che piacere. Una stanchezza mentale che unita a quella fisica provoca una sensazione davvero sgradevole. Il fatto è che, a differenza dei tizi citati nel primo punto, io la musica se la sento la ascolto eccome, magari non con la dovuta attenzione, soprattutto se ho i polmoni che scoppiano, ma la ascolto.
Ero arrivato fino ad abbandonare del tutto l'uso della musica nelle mie uscite. Niente di male, sono in buona compagnia. Poi ho deciso di trascurare del tutto l'aspetto ritmico orientandomi anzi verso sonorità più blande, più da accompagnamento insomma.
E allora veniamo a Mozart: ripeto, i miei gusti in fatto di musica classica sono molto elementari, per cui penso che mi piacciano le cose più accattivanti, ma penso di potere dire con buona tranquillità che il Requiem è un'opera meravigliosa, fruibilissima anche dai non intenditori.
Ha colori di ogni gradazione, passaggi così coinvolgenti da metterti i brividi (Introitus, Lacrimosa, Hostias, Agnus dei, davvero: non sapevo se fossero i brividi per il freddo o per l'emozione. Di solito però quando corro il freddo non lo sento), altri tanto trascinanti (Kyrie, Dies Irae, Rex tremendae, Confutatis, Domine Jesu) da avermi fatto esagerare con il ritmo e correre troppo forte rispetto al previsto.
Altri momenti sono per me meno coinvolgenti (Tuba Mirum, Recordare, non me ne vogliano gli i ntenditori), ma dato che ero lì per correre, non mi dispiaceva ogni tanto concentrarmi sull'attività fisica e ignorare un po' la musica.
Poi quando la faccenda si è fatta davvero seria (l'uscita prevedeva una "salitella" da paura), ho staccato il lettore, quando devo concentrarmi per spremere ogni briciolo di energia non tollero distrazioni, per quanto belle.
Arrivato in cima alla salita mi attendeva solo un po' di strada in discesa prima di rientrare a casa, la nebbia si era diradata, la fatica era alle spalle, la doccia+colazione mi aspettava a pochi minuti di distanza. Ho riacceso il player, il Lux Aeterna mi ha regalato ancora dei momenti meravigliosi. Nonostante fossi arrivato, e la voglia di rientrare fosse tanta, ho lasciato che terminasse prima di spegnerlo.


[1]Solo in Italia di riviste dedicate al running serie e con un po' di storia alle spalle ce n'è almeno due . Uno si chiede "ma che ci sarà poi da scrivere una rivista tutti i mesi su un'attività elementare come la corsa?".
Infatti. Il problema di queste riviste è la ripetitività. Danno l'impressione di essere come le riviste sulla gravidanza che hanno un pubblico ben definito, ma per forza di cose poco fidelizzato, per cui finiscono con rimasticare gli stessi argomenti un sacco di volte. C'è comunque chi li compra tutti i mesi (anche perché sto un po' esagerando, andando a spaccare il capello in quattro di argomenti diversi se ne trovano sempre) e pure chi compra entrambe le riviste.
[2]Non sono stupidaggini, basti pensare che per esempio alla celeberrima New York Marathon, ma pure in altre gare, l'uso degli auricolari è proibito, viene considerato doping.
Se ti beccano ascoltare la più abusata delle canzoni energizzanti, cioè Eye of the tiger, ti squalificano a vita. Ti sparano pure in una caviglia. Tiè.

venerdì 7 gennaio 2011

Mick

Mick Karn è stato il bassista dei Japan quando i Japan mi piacevano da pazzi ed era un grandioso bassista quando io il basso imparavo a suonarlo. Se conoscete i Japan sapete bene cosa intendo per "grandioso bassista".
Un innamoramento, quindi.
Personaggio eccentrico come si conviene in certi ambienti, negli anni '80 era famoso il suo look senza sopracciglia (avete mai pensato a quanto siano fondamentali le sopracciglia nella fisionomia di un volto?), ma più di tutto era il modo di suonare, il suono del suo basso freetless effettato, la tecnica eccellente, il gusto per le costruzioni melodiche inusuali.

La sua malattia era nota. Era stata aperta anche una sottoscrizione di fondi e organizzati concerti per aiutarlo nelle cure, ma purtroppo certe malattie non perdonano e il 4 gennaio è morto a casa sua.
Io l'ho scoperto solo oggi e la notizia mi ha riempito di tristezza.
Ciao Mick, e grazie.

The Organ - Grab That Gun

Una meteora. Un solo disco, un tour e poi lo scioglimento.
Però è un disco che vale la pena ascoltare, soprattutto se si hanno sufficienti anni sulla groppa da emozionarsi nel sentire sonorità e stili che richiamano in modo quasi filologico una certa new-wave anni '80, Cure, Joy Division, The Smiths, Sound…
Quanto di più derivativo possa esserci, dunque, ma gustosissimo. Il gruppo è (era) composto solo da ragazze e questo ingrediente contribuisce a dare un'aria di freschezza a melodie peraltro piuttosto accattivanti. Rispetto a quei modelli là, infatti, le atmosfere sono molto meno cupe, si sta più in zona pop e la voce femminile contribuisce a dare luminosità e colore.
È un disco del 2006, l'avevo ascoltato parecchio quando l'avevo comprato, poi era rimasto lì in cd-teca per anni, assieme ad altri dischi che dovrei tirare fuori più spesso. Qualche giorno fa poi è stato estratto per fare colonna sonora ad una domenica mattina e ho scoperto che, pur rimanendo un disco senta elevatissime pretese, mantiene sempre la sua carica di trascinante piacevolezza. E mentre mi facevo la barba ne seguivo il ritmo col piedino, e durante i lavori domestici domenicali ne ballavo su qualche passaggio, e per un paio di giorni a seguire ne ho canticchiato ossessivamente alcuni ritornelli.
Senza pretese, ma ogni tanto ci vuole qualche disco che abbia questi effetti.

giovedì 6 gennaio 2011

Avey Tare - Down there

C'è addirittura chi, recensendo questo disco, si è trovato a definire gli Animal Collective "uno splendido bluff" suggerendo di sciogliere al più presto il sodalizio. Sì, perché Avey Tare degli Animal Collective è membro fondatore e, secondo quel recensore, da quel meraviglioso collettivo di genialoidi le cose migliori sono uscite proprio durante le fughe solistiche dei componenti (Panda Bear con il Person Pitch di qualche anno fa).
Non lo so, faccio fatica a classificare come bluff album meravigliosi come Feels e Merriweather…, però ammetto che qualche volta l'esuberante genialità del collettivo trova un respiro più disteso nei lavori singoli. Come se gli strati che vengono a depositarsi, intervento dopo intervento, sulla struttura delle canzoni degli AC, alla fine fossero un po' troppi, ma appena appena, così poco fuori dall'ottimo da rendersene conto solo confrontandolo con cose ancora migliori.
Ed eccolo qui.
Avey Tare è la penna più prolifica del collettivo e in questo disco si sente, eccome. Atmosfere e sonorità sono quelle là, e la ricetta non è diversissima da quella dei loro migliori piatti: melodia pop sepolta sotto soffici strati sonori, orpelli e intarsi, che ogni tanto torna a galla, ogni tanto affonda mollemente, cori a profusione, andamento sonnacchioso e onirico, l'anticamera della psichedelia, in pratica. Ingrediente anomalo rispetto ai lavori collettivi è un uso più esplicito dell'elettronica.
E tutto molto bello, coeso e coerente. Un po' più cupo del solito, in certi brani, ma molto molto bello.

A chi gli Animal Collective fanno cascare le palle (ce ne sono, eccome), lo sconsiglio vivamente. È sempre "quella roba là che manco sembra musica, dai cazzo vuoi mettere i Beatles?". Già, i Beatles. Ne approfitto per sostenere che loro, nel 1970, secondo me stavano puntando proprio in questa direzione.
Per chi non li conosce… non saprei. È un bel salto in effetti. Forse non inizierei proprio di qua, ché di appigli non ce n'è tanti.
A chi invece piacciono, se lo procuri, ne vale la pena, dairettaammè.

Brano da ascoltare se ne vuoi ascoltare solo uno: Heather In The Hospital