domenica 27 marzo 2011

1000 Record Covers - Feticismo impagabile




La Taschen Edizioni (santa subito!) ha già reso felici pareccho fotomani pubblicando a prezzi abbordabili volumi fotografici importanti e curatissimi. Per il suo 25° compleanno (auguri devoti) ha pubblicato a prezzo minimale (9.99€) parecchi volumi in paperback, tra cui questo con 1000 copertine di dischi. Per noi vecchietti, che ricordiamo le copertine che si aprivano a libro o i messaggi scritti nel tondo centrale del vinile, un vero tesoro di ricordi feticisti. Non sono i 1000 dischi più belli del mondo, nè i 1000 che dovreste avere a tutti i costi o i 1000 che salvereste dall'Apocalisse. Sono 1000 copertine bellissime, che raccontano la storia del pop. Se non vi interessa, c'è anche il libro con 1000 cani, 1000 tette, 1000 non mi ricordo che altro (pop, tette e cani sono cose che mi piacciono). Sempre Taschen, beninteso

lunedì 21 marzo 2011

Varie segnalazioni

Periodo intenso che leva tempo alla scrittura sul blog. Intenso anche di ascolti, però, per cui mi spiacerebbe non accennare a certe cose notevoli che mi sono capitate tra le orecchie ultimamente.
Cristina Donà ha pubblicato un disco davvero molto bello. Canzoni gradevolissime con qualche spunto jazz e tanta classe canora. Arrangiato davvero benissimo da chi non ti aspetti (Saverio Lanza, già al fianco di gente tipo Piero Pelù e Vasco Rossi) è uno di quei rari dischi capaci di mettermi addosso una bellissima allegria. E più che in altri casi, questa volta si tiene costantemente a livelli molto alti.
Anche Caparezza ha fatto un bel disco. Altro genere, altro approccio. Mescola i suoi calembour linguistici a una vena di amara contemplazione dello stato attuale del nostro paesello, ci infila una notevolissima invettiva à la Assalti Frontali (Non siete Stato voi) e per il resto gioca con le rime e suoni anche molto hard (nel senso di rock). Per me paga il prezzo di chiunque sposti troppo il peso sul lato dei testi rispetto alla musica (che comunque è molto buona): dopo averlo ascoltato tre o quattro volte (in realtà piace parecchio ai miei bambini, quindi i miei numeri reali sono molto più alti) il messaggio si è capito. E poi annoia un po’.
Sul fronte anglosassone mi preme segnalare pure Joan as Policewoman. Il suo The Deep Field è uno di quei dischi immensi, senza sbavature. Soul e pop con una spruzzata di rock e funk, gran voce, grande orchestrazione, bellissima musica.
Ci sono poi di nuovo cascato con i Radiohead. Nel senso che quando avevano fatto la loro sparata con In Rainbows (album al prezzo deciso da chi compra, pure aggratis, solo download), io l’avevo preso a scatola chiusa (per 5 euro, per la cronaca). Ora hanno fatto una mossa analoga con The King Of Limbs, solo che il prezzo è fisso (7 euro), poi ancora solo download. E di nuovo ho acquistato a scatola chiusa. E ho fatto bene, credo. Il disco non è un capolavoro (lo dico perché qualcuno dai Radiohead non pretende meno), ma è bello. Non molto semplice senza sbrodolare nell’ostico a tutti i costi, molta elettronica. Per conto mio meglio del precedente, un piccolo ritorno verso i fasti di Kid-A/Amnesiac, anche se non hanno avuto il cattivo gusto del revival.

A presto.

giovedì 17 marzo 2011

Culicchi e Littizzette - Maurizio Blatto, L'ultimo disco dei Mohicani

Maurizio Blatto deve essere proprio un tipo simpatico. Lo avevamo già desunto dalle gustosissime pillole del suo spassosissimo blog (da non perdere, qui) e ce lo conferma l'approccio alla scrittura in questo suo primo libro. L'argomento, camuffato dietro al titolo scherzoso, è la schiera dei melomani, ossia la popolazione che sotto vesti normali, cela una feroce e deviata compulsione all'acquisto, collezione e/o ascolto di musica, preferibilmente in vinile e su impianti che costano cinque stipendi. Attenzione, ci avvisa Blatto, costoro sono fra noi sotto le più mentite spoglie di onesti professionisti e padri lavoratori, e lo fa dalla sua privilegiata torretta di osservazione di venditore di un noto negozio torinese. A metà tra un presepe ed un quadro di Bosch, il bestiario dei musicofili ha i suoi personaggi fissi che declinano le loro esistenze sghembe con il pensiero dominante della musica da collezione. Ed è assolutamente incerto se, come in Bosch, siano mostri o, appunto, innocui pastorelli e lavandaie di Betlemme.
Il libro parte bene, pieno di gags scoppiettanti, descritte con amabile sarcasmo da Blatto, che vedono protagoniste figure umane che, diciamocelo, potremmo benissimo essere noi. Esaurito però  il processo dell'identificazione, il libro comincia ad ingolfarsi, la lettura si fà affaticata e i quadretti si fanno progressivamente ripetitivi  fino a rendersi indistinti. Ed è un peccato, perchè alcuni spunti sono veramente notevoli. 
Da eterno acquirente di dischi e da overquarantenne sabaudo imputo l'impasse a due fattori: il primo, e meno grave, è che nella focalizzazione di Blatto l'empatia che prova per i nevrotici clienti sia un pochettino spuria, e si sente netta la distanza tra il dotto entomologo e l'insettino sotto la lente d'ingrandimento. L'altro fattore, che crediamo sia la malattia esiziale del libro, è che va a cadere oltre la raccolta di aneddoti - si fosse fermato lì  sarebbe stato garbatissimo, al limite un po' ripetitivo - per, interpretiamo noi e magari sbagliamo, una recondita pretesa di essere un affresco della torinesità deviata. Questa è purtroppo una sindrome grave che affligge quasi tutto il panorama degli scribi subalpini. Orfani della premiata ditta Fruttero&Lucentini, tutti  i culicchi e le littizzette e i gambarotti e gli ormezzani  - vedasi il provincialissimo inserto Torinosette - finiscono a  frutterolucentinare ad libitum, col risultato di avere una pletora di quadretti leziosi e risaputi di vita minimale torinese. Ma, ahinoi, l'americanista Bonetto era ben altra cosa.
ps: surfa che ti surfa scopriamo solo lodi al libro, di cui si moltiplicano i readings e le presentazioni. Come la nave dei folli (e come il barcarolo di Lando Fiorini, siamo un blog di musica, perdio!) l'albumbianco prosegue controcorrente. Olè!