sabato 26 novembre 2011

The Flaming Lips - Strobo Trip

La prima cosa che mi è venuta in mente quando sono venuto a sapere di questa cosa è l'ormai logoro motto che dice che l'importante è che se ne parli, non importa come.
E infatti io sono qui a parlarne…
Allora: questa volta, quei simpatici mattacchioni dei Flaming Lips hanno pubblicato una canzone di 6 ore. Ho detto 6 (sei!) ore, non un secondo in meno, non un secondo in più. La più lunga canzone di tutti i tempi, dicono loro(*).
E non è tutto, ovviamente, se no sarebbe solo una cosa da Guinness. Il brano è inserito in un EP (veramente Extended) che contiene altre due canzoni, normali almeno nella durata. Una roba così non ci sta in nessun CD, quindi è stata pubblicata in un box che contiene una chiavetta USB con i brani memorizzati, alcuni finti CD in cartone e una torcia che illuminando i CD che girano dovrebbe produrre un effetto stroboscopico (da cui il titolo dell'EP). Roba da fan incalliti, se non fosse che non ho ancora capito come un fan (nota: io non lo sono fino a questo punto) possa procurarsi questa roba, dato che non ho ancora trovato un modo per comprarla (ripeto, non voglio comprarla, mi incuriosiva conoscerne il prezzo), né sul loro sito, né su Amazon o simili.
Però si trova facilmente da scaricare in rete e viene il sospetto che sia tutto qui, il box non è realmente in vendita, ma i brani circolano lo stesso. L'importante è che se ne parli, appunto.
Infine: a inizio ottobre i Flaming Lips avevano lanciato un'inizativa con la quale proponevano ai fan di inserire il loro nome nel testo di una canzone in cambio di 100$. L'iniziativa è benefica, non pensate subito male: come dichiarato i soldi raccolti sono stati devoluti in beneficienza a due istituzioni dell'Oklahoma. La canzone in cui i brani sono stati inseriti è proprio il brano-monstre.

Ma la "canzone" di sei ore, com'è? Innanzitutto si tratta di un-brano-lungo-6-ore. Lo so, l'ho già detto più volte, ma il punto è davvero centrale, non solo descrittivo. Ascoltare un brano così lungo cambia radicalmente l'esperienza . Ogni cosa che succede (e di cose in questo brano ne succedono molte), potrebbe durare ore, cioè è virtualmente infinita. C'è un momento per esempio in cui la ritmica si spegne e rimane solo una lenta melodia di archi. Mentre l'ascolti sai che potrebbe andare avanti così per 10 minuti o per due ore, che, se pensi che un album medio dura circa 40 minuti, è come dire per sempre. Viene così meno ogni forma di tensione, di attesa di una risoluzione a cui siamo abituati da sempre mentre ascoltiamo musica, soprattutto quella pop.
Così ci si lascia trasportare del tutto passivamente dalla musica, senza attese, e se quello che senti ti piace, è una sensazione magnifica, rilassante come un lungo bagno caldo.

 Non ho ancora detto che si intitola "I've found a star on the ground" e queste mi pare che siano le uniche parole che ne compongono il testo, oltre all'elenco dei donatori di cui si è detto(**). Poi si tenga presente che parliamo di un gruppo che anche quando fa pezzi normali ama addentrarsi in territori psichedelici e rumorosi, con approcci sghembi e anomali alla melodia. Con i tempi dilatati di un simile prodotto è inevitabile che si finisca spesso nell'improvvisazione e le derive sono spesso piuttosto estreme
Prima di cimentarmi nell'ascolto (l'ho sentita, tutta, giuro) prevedevo di ritrovarmi spesso al cospetto di lungaggini e allungamenti di brodo; d'altronde tirare avanti per tutto quel tempo non è cosa banale. Invece l'impressione che si ha è quella che, benché i nostri se la siano presa comprensibilmente comoda, il brano sia stato effettivamente suonato, o comunque registrato, con divertita passione, godendo appieno di quella libertà che si diceva sopra: senza i vincoli di tempo che normalmente richiede lo sviluppo musicale di un brano.
C'è davvero di tutto dentro. Stefano I. Bianchi nella recensione su BlowUp fa un elenco di richiami e suggestioni che vanno dal Kraut-Rock ai Grateful Dead, ai Pink Floyd, a Kurt Banarach, agli Stone Roses e ad un sacco di altre suggestioni del tutto soggettive. Questo approccio mi sembra effettivamente l'unico praticabile per tentare almeno di descrivere questo pezzo, ma in fondo io direi che qui dentro ci sono i Flaming Lips all'ennesima potenza, tutto il loro stile deviato e stralunato espresso al massimo livello.
È sfiancante questo lunghissimo viaggio, non voglio negarlo, anche perché di concessioni alla fruibilità ce ne sono davvero poche, ma dopo un po' ci si lascia avvolgere un po' come in una coperta, diventa una sorta di compagnia che quando finisce lascia un po' di nostalgia per quel modo così completamente rilassato di ascoltare la musica.
Grandi, grandissimi.

(*) In realtà pare che non ci siano limiti alla follia. Poco dopo la pubblicazione di questo pezzo, per la notte di Halloween i nostri ne hanno pubblicato uno di ben 24 ore! Viene venduto per 5.000$ in un cranio di plastica con dentro una chiavetta USB...


(**) Ero curioso di scoprire come avrebbero risolto la questione "e ora tutti questi nomi come li mettiamo dentro una canzone?". Ci sono quattro momenti nella canzone in cui la la musica si smorza e Wayne Coyne elenca i nomi con voce distorta tipo megafono inframmezzando ogni nome con un clang acuto o un altro suono che dà la cadenza. La cosa sinceramente più bella è il finale: gli ultimi minuti della canzone, appena terminata l'ultima parte dell'elenco dei nomi, Coyne li ringrazia e dichiara il suo amore per loro. La frase "We will always love you" è ripetuta decine di volte con un enfasi particolare sulla parola "always". Sembra che ci sia davvero gratitudine in questa frase (gratitudine non comprata, ci tengo a precisare ancora, i soldi vanno in beneficienza). Tutto sommato una bella cosa.

martedì 22 novembre 2011

Tom Waits - Bad As Me


Il vecchio leone ruggisce ancora. Sembra normale per uno che ha ruggito tutta la vita, ma gli esempi di sessantenni strabolliti sono talmente tanti da dover ringraziare la sorte se questo qua è ancora in grado di  pubblicare disco come questo.
Perché proprio di un gran disco si tratta, per me una delle cose notevoli ascoltate quest'anno, pieno, pesante, importante, toccante, a tratti entusiasmante.
Parte alla grande, con una Chicago che da sola varrebbe un disco intero. Energica, potente, ubriaca, colpisce subito duro allo stomaco. Poi Raised right men incede claudicante e pulsante in zona blues.
Gioca pure con la sua voce e ci regala uno storto falsetto in Talking at the same time, prima di quella specie di rockabilly che è Let's Get Lost.
Non mancano gli episodi più delicati, Face to the highway, Pay me, Last leaf on the tree e Back in the crowd dove interpreta addirittura il ruolo di caldo e confidenziale crooner.
La title track risveglia il fantasma di captain Beefheart e ne pretende la benedizione in un beffardo e trascinante brano ubriaco pure lui. Con Kiss me sembra di essere in un fumoso night all'ora di chiusura in compagnia di qualche disperato relitto e quel tizio là sul palco che non smette di suonare.
Poi ancora Beefheart in Satisfied e una cosa strana che sembra quasi un rap (Hell broke luce) e infine un canto dell'addio intitolato New year's eve, melanconica e melodica, chitarra, fisa e quella voce incredibile.
Insomma il vecchio Tom ci mette in quest'album tutta la sua sapienza, 13 canzoni(*) che sembrano un sunto dei suoi anni migliori ed un livello musicale davvero superbo.
Continua così, Tom.

(*) So che esiste anche una versione de luxe di quest'album, con 3 tracce in più, ma io non le ho sentite. Se tanto mi da tanto dovrebbero essere gran pezzi pure quelli.