Oggi compie 70 il baronetto Richard Starkey, MBE, meglio noto come Ringo Starr, batterista dei Beatles. A tutti gradito per la proverbiale bonomia, per la sua assoluta normalità a fronte dell'eccentricità del Giovanni Lennon, del talento da predestinato di Sir James Paul Macca, dell'ombrosità harrisoniana. Festeggiamolo tutti, perchè il Ringo è un simbolo. E' l'icona dell'uomo normale, imbarcato in avventura molto più grande di lui, che resiste nonostante parecchie avversità (nella prima registrazione lo sostituirono con tal Andy White e lo relegarono al tamburello) e senza diventare divo. Niente bizzarrie, niente crisi mistiche - si diceva che in India dal Maharishi si rompesse abbastanza i coglioni - niente svarioni con droghe pesanti, l'unica stravaganza che si è concesso è chiamare il figlio Zack, come lui si faceva chiamare da piccolo. Musicalmente, oltre a quello che gli hanno porto John &Paul, su tutto una certa Yellow submarine, non ha lasciato tracce memorabili, una versione reggae di Only you e poco altro. Ma ci rimangono le sue facce sornione, le sue pose da rocker innocente, conscio della propria liverpooliana mediocritas. E, quoto, cito, rubo dal grande
Phil Anka, i suoi occhioni da cagnone sperduto. Cheers, Ringo.
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