venerdì 20 maggio 2011

Erotismo, poesia, anarchia - la clamorosa modernità di Georges Brassens.

Georges Brassens lo ascoltavano i miei. Mi ricordo ancora, nella loro collezione, i vinili spessi e pesanti e le copertine tutte invariabilmente marroncine con questo curioso individuo con la pipa e l'aria furbetta. La musica era anche essa datata, con formazione fissa a 2 chitarre e contrabbasso. Nell'iconografia generale ricordava  più commissario Maigret che un cantante e, comunque, non era decisamente cosa "da giovani". Poteva anche essere simpatico il vecchiettino francese, ma non rientrava nei miei gusti dell'epoca. Come poteva rientrarci uno che era nato nel 1921, che a differenza dei suoi emuli italiani non aveva mai usato (e forse nemmeno visto) strumenti elettrici, ma in compenso era già morto da tempo?
Ieri ho acquistato un triplo cd che contiene i suoi primi 6 LP, che peraltro ben ricordavo dagli ascolti su vinile e, complice forse una miglior comprensione dei testi, sono rimasto incantato dall'attualità delle sue opere. Le sue canzoni, melodicamente elementari, hanno un poetica semplice ma fortissima che mescola vette di lirismo assoluto e momenti scherzosi, prendendosi gioco scanzonato della vita e della morte. In tutto Brassens c'è un amore incondizionato per la vita in tutte le sue forme e le sue gioie, che porta ad una spaventosa bellezza, un coraggio incendiario, una negazione ostinata del compromesso. 
C'è una carnalità assoluta, una sessualità innocente, primitiva e paritaria in brani come "Dans l'eau de la claire fontaine" - che da sola è più erotica di tutte foto di Hamilton o Dahmane messe assieme - "La nonne", "Brave Margot", in cui descrive, con una grazia da raffaellita i ragazzi di un paesello che si ferma per guardare le tette di Margot che allatta un gattino.
C'è una demolizione sistematica delle istituzioni ("Le gorille", che, attenzione, è sua, non di De Andrè, "Hecatombe"), della Storia dogmatica ("La guerre du 14-18"), della società perbenista ("la mauvase reputation", "la mauvaise herbe", "le mauvais sujet repenti", quante volte torna l'aggettivo "mauvais", eh?)
C'è una critica feroce alla religione ed un irredimibile, positivo ateismo in ("Le mécreant",  "L'assassinat", "Je suis un voyou") e c'è l'ossessivo scherno alla morte ("Oncle Archibald", "Le fossoyeur").
In sostanza un gioioso, ribaldo, cane sciolto, anarcoide, allegro, ottimista, che sapeva parlare al contempo di cosce e di lacrime, di fiori e di chiappe, con uguale intensità ed eleganza. Ha cantato di suore licenziose e di adulteri, di prostitute e di sbronze, di ladruncoli e poliziotti (lui tifava ladruncoli, ovviamente) senza mai cadere nel cattivo gusto ma senza mai negarsi il diritto di dire quello che voleva. In "Hecatombe" racconta di una rissa tra prostitute e poliziotti in cui le donne mettono in fuga "gli sbirri" a colpi di tette mentre lui, da buon cliente, le incita dal balcone a menare gli agenti e si compiace per la vittoria finale. La scrisse nel 1952. Sì, avete letto bene, 1952! Provate ad andarla a proporre oggi alla nostra bella società liberata. Nella sua compostezza di modi, nel suo aspetto démodé, Brassens è ancora più che mai attuale (chi non vorrebbe un po' meno preti ed un po' più di gioia panica nella nostra vita?) anche perché non c'è più stato nessuno che ne avvicinasse il talento ed il coraggio. In Italia l'hanno tradotto ottimamente Nanni Svampa, Fausto Amodei e De Andrè, ma la fruizione dell'originale resta la cosa migliore. Se voleste cominciare a farvi una buona idea del soggetto, www.georges-brassens.com, con tutte le liriche e molti video dell'epoca è un ottimo punto per cominciare.

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