Una specie di Jovanotta transalpina, zazzeruta e fricchettona, che gigioneggia con la musique d'oltralpe. Vai di bal musette, fisarmoniche tziganeggianti e melodie jazzatine, con produzione minimale, quasi in presa diretta. La batteria spazzolata e le guitares semiacustiche reggono brani che occhieggiano a Vian e la Zaz (vero nome Isabelle) ci ricama dei melismi che non entrano nella storia . In Francia è diventata un caso, alcuni giornali l'hanno incensata come il futuro incarnato, les inrockuptibles ed altri la stroncano come banalità regnante, e la sua "Je veux" è stata issata su tutte le radio a vessillo anticonsumista. Nuova bandiera di una musica che torna all'artigianato o ennesimo equivoco? Probabilmente la verità sta, come spesso, in mezzo: la ragazza è bravina, la voce è così così, la minimalità della produzione sapientemente studiata ed il prodotto finale garbato, ma di genio ce n'è poco. Meno ruspante e schierato delle grandi Femmouzes T (a proposito, la loro "On parle de parité" è veramente un inno), meno intrigante delle varie Keren Ann o Francoiz Breut, la Zaz sembra un po' la sorella francofona di Amparanoia. Buona lena, ritmo e gusto, una centrocampista dai piedi appena discreti, ma inventiva poca. Per noi quarantenni, sarebbe Tresor o Giresse, non certo Platini.
Io l'ho visto giocare.
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5 settimane fa
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