mercoledì 17 febbraio 2010

Ok Go - Of The Blue Colour Of The Sky

Degli Ok Go si è parlato diffusamente a mo’ di messaggio virale circa un mese fa, quando sono stati protagonisti dell’ennesimo caso ‘Davide vs. Golia’ con la cattiva major discografica. In pratica quest’ultima aveva impedito la pubblicazione in embed del loro ultimo video su YouTube a difesa di un’assurda ed antiquata forma di protezione del copyright. Cioè, per spiegarmi: non è che non fosse possibile vedere aggratis il video, solo che non lo si può pubblicare direttamente nelle finestrine dei blog come ogni tanto facciamo anche qui dentro. Quel che si può fare è pubblicare il link al video e mandare i lettori del blog a vederso sulla pagina ufficiale di EMI.
I ragazzotti americani per tutta risposta hanno pubblicato il video anche su Vimeo, un altro sito di pubblicazione di filmati, dove l’embed rimane possibile nonostante le proteste della casa discografica.
Beh, questa vicenda, piccola baruffa in qualche modo interna, ha scatenato il tifo degli utenti del mare-internet a favore dei coraggiosissimi artisti indiependenti e creato un tam-tam tale da portare benefici sia a loro che alla casa discografica.
E vissero tutti felici e contenti. Tutti. Tanto da creare perfino qualche sospetto dietrologico: tutto calcolato? Siamo diventati sospettosi e vediamo il complotto dietro ad ogni cosa, per cui nulla sembra più genuino, tutto sembra architettato in maniera infallibile e soprattutto sempre a nostre spese.
Boh, non lo so, io per natura non sono diffidente fino a questo punto. Tanto più che il danno che me ne viene è praticamente nullo. Una piccola presa in giro, ma vabbè, ne subiamo di ben peggiori di questi tempi.
Comunque mi sono preso il piacere di ascoltare l’intero disco. E che dire? Bello, mi è piaciuto.
Un album di power-pop interessante e gradevole, senza picchi esorbitanti, ma sempre piacevole e costruito con intelligenza non banale e a volte anche intraprendente.
Echi di Beck, Prince e poi elettronica e distorsioni di voci e strumenti, qualche momento straniante, ma sempre rimanendo in ambito pop, non si devia troppo dall’orecchiabile.
Ci sono quindi alcuni elementi per renderli sgraditi ai duri e puri dello snobismo musicale: l’appartenenza ad una major, le campagne di marketing furbette (il precedente singolo, Here we go again, si era giovato di una pubblicità fatta di passaparola e milioni di contatti su YouTube), l’attitudine pop ed un certo successo commerciale (nicchia eh, mica sono gli U2), ma tutto sommato un ascolto se lo meritano e sono ideali per farci compagnia e dare un po’ di verve a certe giornate grigie, fredde ed umidiccie come quelle di questo periodo.

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