mercoledì 1 settembre 2010

Chumbawamba - ABCDEFG, 2010

"Certo che siamo un gruppo punk, facciamo quello che vogliamo, ed allora siamo punk" - Jazz Butcher, circa 1985

Siamo così appassionati dei piatti migliori della cucina Chumbawamba's che talvolta rischiamo di  apprezzarne anche le briciole cadute ed i rimasugli bruciacchiati. Speriamo che non sia così,  anche perchè fortunatamente ci sembra di riuscire a cogliere i limiti di alcune (rare) produzioni davvero indigeste. Forse dovremmo comunque astenerci da recensirli, per non rischiare di cadere in un turbinoso vortice di lodi sperticate, peana devoti ed applausi aprioristicamente entusiasti. Ma al cuor non si comanda ed eccoci a parlare (col solito ritardo) dell'ultimo album dei Chumbas, ormai stabilizzati come quintetto acustico. Dall'esordio a oggi, che fossero in veste techno (Tubthumper e dintorni) o acustica (The boy bands have won) i Chumbas hanno sempre manifestato due doti rare, intelligenza e abilità a scrivere canzoni e ancora non si smentiscono. Anzi, raddoppiano,  e  forse i limiti di questo ABCDEFG stanno proprio nell'essere eccessivamente intelligente e nel loro essere troppo bravi a scrivere canzoni. Possibile? Mmm, sì. Allora, iniziamo col dire ABCDEFG è la scala eptatonica secondo la partitura anglofona (il nostro do-re-mi-fa sol-la-si, per capirsi) e tale titolo rivela l'ambizioso progetto di fare un album di musica sulla musica. Su tutti gli aspetti della musica, dalla gioia del canto al potere palliativo della melodia, dall'anacronismo della filologia musicale all'appropriazione mediatica della tradizione. "Abbiamo passato in rassegna la storia della musica, i suoi aneddoti, i suoi eroi, le sue canaglie. Una cavalcata attraverso svariati secoli per vedere che valore ha la musica e cosa significa per la gente" dice Boff, conscio della pretenziosità della cosa. Se volete una spiegazione brano per brano, necessaria alla comprensione completa dell'album, la trovate qui. E ogni brano, oltre a sfoggiare testi ammirevoli e complessi, si caratterizza per la musica così aderente allo spirirto dell'epoca cui si riferisce. E così "The same so-so tune", ambientata nell'Inghilterra bellica degli anni '40 è un meraviglioso assaggio di musica dell'epoca (charleston? fox-trot? non sono abbastanza studiato per dire..), "Singing out the days" che racconta di soldati al fronte, ha una struttura così perfettamente folk da sembrare autenticamente d'epoca e via discorrendo. Gli episodi più felici, "Wagner at the opera", "Torturing James Hetfield", "Voices, that's all" meritano spiegazioni particolareggiate, magari in posts futuri dedicati. Grande eterogeneità musicale, dunque  grande immediatezza, e come sempre, grandissimi gli impasti vocali. Come detto il limite è proprio che tutto sia un pizzico troppo cerebrale e che la magnifica semplicità di The boy bands have won sia un po' offuscata. Ma chiaramente i Chumbawamba se ne fottono, e restano beati nella loro nicchia, consci che di album così intelligenti ne escono pochi.

2 commenti:

  1. Album delizioso, grazie -come al solito- per la segnalazione.
    Nei miei confronti i Chumba pagavano ancora dazio per quell'odioso singolo che li ha portati al successo quasi 15 anni fa (mizzega!).
    A questo punto è doverosa una "riscoperta". A parte questo e "The boy bands...", cosa mi procuro?

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  2. Luca, una domanda così impegnativa mi ha costretto a studiare e ristudiare la discografia dei Chumbas!!! alla fine dico o "tubthumper" skippando "tubthumping", ma so che la prospettiva non piace, oppure "what you see is what you get", comuneemente abbreviato in WYSIWG, più melodico, dove c'è il loro singolo più bello "She's got all the friends". se poi piacciono le cose a cappella, "english rebel songs". hasta siempre. M.

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