Come faceva ben notare Marco, una delle parole più abusate in campo musicale, più che altro da chi ne parla, è “seminale” e sarebbe un termine da attribuirsi a chi, con la propria opera, ha deposto un seme che poi è maturato ed è diventato qualcosa di più grande (e chi quella pianticella decide di coltivarla per forgiare il proprio stile musicale diventa a sua volta “derivativo”, che può essere un termine negativo o positivo a seconda dell’umore o dell’intransigenza di chi scrive).
Beh, i Cure in questo caso sono stati seminali, e i The XX derivativi.
Questo disco è stata una scoperta del 2009, sbucato fuori da non so dove (Londra in realtà) con le sue atmosfere di languido pop, ritmi semplici e lineari (la batteria manco la suonano, a giudicare dai video, ma usano quei cosini pieni di tasti per fare tum-cià-tum), qualche tastierina non invadente, la chitarra suonata a ricamare, come quello là, Robert Smith, appunto, doppia voce maschile-femminile e tanto buon gusto.
Certe influenze influenze si sentono eccome, tanto da fargli perdere ogni velleità di originalità: i Cure anni '80 su tutti, poi Young Marble Giants o The Organ, se non fossero già loro piuttosto derivative...
Un disco senza troppe pretese insomma, ma davvero accattivante che si lascia ascoltare innumerevoli volte nonostante la sua semplicità.
Un disco senza troppe pretese insomma, ma davvero accattivante che si lascia ascoltare innumerevoli volte nonostante la sua semplicità.
Qui un assaggio:
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