venerdì 21 maggio 2010

Tum-tà-ratatatatum-tumtà

No, ma io dico:
Suoni la batteria? Bene, anzi, benissimo.
La batteria è colonna portante, motore pulsante di ogni gruppo che si rispetti, l’intelaiatura ritmica senza la quale tutto crollerebbe miseramente. E poi personalmente ho sempre avuto una certa simpatia per uno strumento che si suona con tutto il corpo, invece che con le sole dita o la bocca.
Vabbè, non proprio tutto il corpo, mani e piedi, ma ci siamo capiti. Mi pare che il batterista sia immerso nella musica che fa, che la viva davvero con tutto se stesso.
Poi è vero, il batterista ha due grossi problemi.
Innanzitutto “non fa le note”. Cioè potenzialmente può anche non capirne un tubo di musica, manco sapere dove stanno diesis e bemolle, per dire. Basta che sappia quando picchiare sui tamburi e via, il suo lavoro è fatto.
Un batterista così conciato per quel che ne capisco io è un po’ limitato, però ce n’è tanti così che fanno il proprio lavoro egregiamente, quindi effettivamente funziona lo stesso.
Poi c’è il secondo problema, e sto quasi arrivando al punto.
Il ruolo del batterista è quello del gregario. Esistono eccezioni illustri, Phil Collins o quello degli Eagles che non so come si chiama, ma generalmente il suo posto è dietro le star. Mentre lì davanti si beccano applausi, ovazioni, mutandine delle fan, stage diving e foto a raffica, il batterista sta nascosto dietro piatti e tamburi e mentre la fan scatenata sale sul palco a farsi palpeggiare dal cantante, a lui magari gli dicono di non fermarsi neanche a guardare, che bisogna tenere su il ritmo.
Allora per concedere anche a lui un po’ di luci della ribalta, hanno inventato quella cosa lì, quella che io detesto profondamente: l’assolo di batteria.
Uno, due, anche tre minuti solo per lui, nessuno suona e lui (tu, caro il mio batterista) ha carta bianca per sfogare tutta la sua tecnica eccelsa, per dimostrare a tutti quant’è bravo, che lui tecnicamente vale quanto e magari di più di quei quattro sciamannati che si agitano lì davanti. E così vai con ritmi multipli, rullatoni epici, tempi dispari complicatissimi, e dulcis in fundo il gran finale fatto di una tempesta roboante di colpi su tutto ciò che c’è di percuotibile a portata del nostro batterista.
Ma per noi del pubblico, sappilo caro batterista, è una noia mortale. È il momento giusto per farsi una birretta durante il concerto.
Non per tutti, certo, c’è anche chi si impressiona. Generalmente sono o a loro volta batteristi o giovani musicisti principianti che si inginocchiano estasiati di fronte al dio della “tecnica fine a se stessa”.
Gli altri no, sta sicuro. Si stufano.
Sono venuti lì per vedere un concerto, il risultato di un lavoro di squadra. Coesione, interplay, armonie e melodie, per ballare, cantare o anche inebriarsi dello sguardo torbido del cantante, ma non di certo per farsi sommergere dalle tue rullate. Mi spiace, ma è così.
A volere fare una similitudine è un po’ come se durante una partita di calcio, tutti si fermassero per vedere il portiere che fa un’esibizione di palleggi di 3 o 4 minuti. La prima volta stai a bocca aperta a guardare quant’è bravo, la seconda ti annoi un po’, dalla terza in poi ne approfitti per andare a pisciare.
Infine un’informazione che forse non sarà determinante, ma magari ti dà un’idea di come reagisce l’ascoltatore medio: io quando li sento su CD, skippo.

Ah, poi per non essere accusato di partigianeria:
Bassista: vale anche per te il discorso!

(accidenti che brontolone che sto diventando… sarà l’età?)

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