martedì 2 marzo 2010

Why? - Elephant Eyelash

Nello scorso decennio è passata una meteora di nome cLOUDEADD che ha illuminato, con uno spettacolare album (colpevolissima omissione nel mio Meglio del Decennio) e una raccolta, il panorama musicale, ribadendo e perfezionando quell’attitudine alla de-composizione tipica del periodo, rivisitando l’hip-hop in matrice bianca, sfibrandolo e disarticolandolo in un genere impossibile da definire ma senza mai perderne il perfetto controllo.
Quel gruppo era un trio (Odd Nosdam artefice principale delle musiche, Why? e Doseone dei testi e del cantato) che esplose poco dopo la pubblicazione dell’album (Ten) e scagliò i tre componenti verso tre carriere autonome (non sempre divergenti, anzi). Why? in qualche modo era l’anima melodica del trio e in tale accezione si è orientata la sua seguente carriera, iniziata come solista e poi, consolidando il gruppo di musicisti con cui collabora, in una vera e propria band ancora a suo nome.
Dei suoi già numerosi album, questo Elephant Eyelash è forse quello che più rispetta il criterio di “regalabilità” del lotto di segnalazioni che sto pubblicando come Consigli per gli acquisti.
Si tratta infatti di un album di canzoni in senso piuttosto tradizionale: c’è un tizio che canta canzoni abbastanza orecchiabili accompagnato da musica tutto sommato ascoltabilissima.
Sia inteso che le origini non si rinnegano, almeno non del tutto e allora rimane un certo gusto per la sorpresa, per la scelta originale, per l’intermezzo aritmico e straniante, perché le linee non sono mai troppo dritte e le canzoni, anche se sono solo canzoni, hanno sempre quella venatura anomala e sgemba, che lì per lì può farti perdere un attimo la bussola, ma poi rientra gentilmente verso territori del tutto amabili e fruibili, tutto sommato rimanendo in confini godibilissimi.
Si va da arpeggi di chitarra in stile folk (Crushed Bones) a esplosioni orchestrali (Yo yo bye bye), c’è qualche intermezzo melodico (The Hoofs), spettacolari stop-and-go ritmici (Fall Saddles) e pure canzoni più tradizionali da urlare in spiaggia (Gemini-Birthday Song, Rubber Traits, Wispers Into the Other), riflessivo e strutturato divertissement (Waterfalls), allegre canzonette pop ancora inframmezzate da inserti disturbanti (Sanddollars), fino alla finale e struggente ballata suonata sulla chitarra in punta di dita.
Rispetto agli altri consigli dati finora, quest’album è probabilmente il più di nicchia e meno reperibile, ma rimane sicuramente un buon modo per fare un figurone con la pulzella di turno (non so perché, ma mi sa di musica apprezzabile dal genere femminile) o anche solo per regalarsi un po’ di musica non banale ma comunque allegra e colorata.
Poi, a chi avesse un po’ di pelo sullo stomaco in più e voglia di sentire qualcosa di un po’ più ostico e che infine non li conoscesse ancora, consiglio vivamente i cLOUDDEAD e il loro epocale Ten. Ne vale la pena.

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