lunedì 7 giugno 2010

Dischi da isola deserta - il mio listone

Robert Wyatt - Rock Bottom
Perché questo è il mio album preferito. Perché ogni volta che lo ascolto riesce ad emozionarmi e a darmi sensazioni che nessun altro disco è in grado di dare. Ascolto da centellinare, però, perché ho come il timore che possa perdere smalto. Per questo motivo potrebbe violare il requisito della durabilità, ma è talmente bello che io me lo porto comunque.

Can - Tago Mago
Perché con questo disco ho scoperto che parlare di kraut-rock non era solo un atteggiamento da salotto snob, ma pure gran bella musica suonata in modo perfetto e trascinante, ma sufficientemente sghemba da non appiccicarsi troppo alla memoria. E poi perché qui c’è una delle sezioni ritmiche più fighe che io abbia mai sentito.

Charles Mingus - The Black Saint and the Sinner Lady
Perché questo probabilmente è un disco infinito. Ne avevo già parlato qui. Ora dirò solo che si tratta di un’opera talmente sofisticata, stratificata, eclettica, varia, che non mi basterebbero i 2 anni per digerirla tutta. Ah, naturalmente è anche bellissimo, altrimenti non me lo porterei di certo.

Autechre - Incunabula
Perché pur nel mezzo del panorama tropicale un po’ di sonorità elettroniche possono rivelarsi adattissime. Questo è uno dei dischi più rilassanti e piacevoli che conosca. Da mettere su in quei momenti di pace in cui si desidera farsi trascinare via.

cLOUDDEAD - Ten
Perché è semplicemente bellissimo e ancora ogni volta che lo ascolto si rivela sorprendente.

Joanna Newsom - Have One on Me
Perché secondo me lei è una delle cose più belle che siano uscite negli ultimi anni, e perché i suoi dischi sono un profluvio di idee, invenzioni, variazioni sempre di gusto bellissimo. Se scelgo questo invece che il forse leggermente più bello Ys, è perché qui c’è ancora più varietà. E poi si tratta di un disco triplo, così ci guadagno in tempo d’ascolto.

Sufjan Stevens - Illinoise
Perché su un isola deserta ci va anche un po’ di allegria e questo è uno dei dischi più festosi che conosca, con i suoi cori da cheer-leaders e fanfare squillanti.

Miles Davis - Miles Ahead
Perché Miles Davis è imprescindibile, lo trafugo pure nelle compilation estive da viaggio in famiglia (dove metto la roba che può piacere un po’ a tutti) e ci mancherebbe che debba rimanerne senza per un paio d’anni. Di tutta la sua lunghissima carriera questo disco rappresenta al meglio uno dei momenti più felici.

Fabrizio De Andrè - Non al denaro non all’amore né al cielo
Perché almeno un po’ di lingua italica vorrei portarla con me, e Faber per quanto mi riguarda ne è stata l’espressione più alta. Se scelgo questo disco è perché tra quelli suoi che mi piacciono è in fondo quello che conosco di meno.

Mozart - Concerto per clarinetto in La maggiore, K. 622
Perché voglio fare come Denys Finch Hatton, il Robert Redford de La mia Africa che ascoltava l’adagio di quest’opera per mantenere il legame con la civiltà. E perché è davvero sublime.

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