giovedì 17 giugno 2010

Just Like Heaven - A Tribute To The Cure

Forse in fondo è solo questione di ritarare le aspettative.
Perché tante volte, quando ti aspetti qualcosa, tendi a diventare troppo critico nei confronti dell’oggetto e a sminuirne gli eventuali altri aspetti positivi.
Cioè, uno ti dice ora ti faccio vedere un bel dipinto impressionista, poi quando lo vedi ti accorgi che impressionista non lo è neanche per niente, allora dici che schifezza, quando magari è un bel quadro, puntinista magari, ma tu sei deluso perché ti aspettavi Monet, volevi vedere forme sfocate e colori slavati, invece ti sei trovato di fronte pallini di tutti i colori e ti sei incazzato. Però era Seurat, cavoli, guarda che è proprio bello. Ma tu no, che schifezza.
Pensavo a questo qualche giorno fa, mentre ascoltavo il disco omonimo dei Doors e avrei voluto dire a Marco no guarda che è un gran bel disco. Certo, ti avevano detto che Jim era un genio, un poeta e ti sei trovato di fronte liriche da quattro soldi. E hai ragione, ma tu paragonalo a Michael Stipe per dire, non a Yeats. E forse ti avevano detto che ascoltare la loro musica era tipo un trip lisergico e tu invece ti sei solo rotto le palle. E hai di nuovo ragione.
Ma tu spoglia ‘sti Doors da tutta quella fama alternativa, ribelle, insolente che li hanno resi insopportabili a noi e idoli dei tamarri che vanno a farsi le canne sulla tomba di Jim, mitico Jim. Ascoltali come se li ascoltassi per la prima volta in vita tua, come se ascoltassi qualcosa di nuovo, per quanto l’album abbia abbondantemente superato la quarantina.
Vedrai che ti spiaceranno di meno. Forse. Sappimi dire.
Comunque:
penso a me che ascoltavo i Doors qualche giorno fa, mentre invece sto ascoltando Just Like Heaven – A tribute to The Cure, una raccolta di 16 brani dei Cure reinterpretati da altrettanti gruppi/musicisti.
E scopro che si tratta di gradevolissime canzoni pop.
Cioè i Cure si erano costruiti quell’immagine dark che li ha resi famosi, abiti scuri, capelli cotonati, bambine orfane, suicidi, malesseri, spleen… insomma tutti i deprimenti ingredienti fondamentali nella cucina di quel genere.
Allora uno si mette lì, li ascolta, e si accorge che sotto neanche 2 millimetri di quella patina si celano invece delle canzonette pop, 4/4, strofa-ritornello, giri di quattro accordi e cose così. Vaccagare allora, tutto qui? E così i Cure finiscono nel cestino dei rifiuti, sotto la voce fregature.
E invece:
riascoltando questa raccolta, interpretata da gente che tutta quella patina lì probabilmente non ce l’ha mai avuta (dico forse perché ne conosco giusto un paio), si rivelano per quello che sono nella luce migliore possibile: canzoni pop davvero belle.
C’è da dire che quasi tutti i brani scelti sono quelli che già ai tempi fecero inorridire gli estimatori più dark, che li bollarono quasi come dei tradimenti, ma la vena compositiva di Smith&Co. era quella. Ottima. Pop, forse, non dark, ma ottima.
Non ci giro intorno: questa raccolta non so manco se si riesca a trovare in giro, come CD intendo.
Io l’ho scaricato da qua.
E questa è la lista di brani e interpreti:
1. Joy Zipper - Just Like Heaven
2. Tanya Donelly & Dylan In The Movies - The Lovecats
3. The Brunettes - Lovesong
4. Kitty Karlyle - In Between Days
5. Dean & Britta - Friday I’m In Love
6. Luff - Jumping Someone Else’s Train
7. The Submarines - Boys Don’t Cry
8. Elk City - Close To Me
9. The Rosebuds - The Walk
10. Elizabeth Harper & The Matinee - Pictures Of You
11. Cassettes Won’t Listen - Let’s Go To Bed
12. Devics - Catch
13. Julie Peel - A Night Like This
14. The Poems - 10:15 Saturday Night
15. Grand Duchy (Violet Clark & Black Francis) - A Strange Day
16. The Wedding Present - High

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