Qualcuno l’ha definito l’unico vero suono nuovo del decennio.
Non so, forse è esagerato in entrambi i sensi (forse non è l’unico e forse non è così nuovo).
Però per me è stato una delle scoperte più entusiasmanti degli ultimi anni, miglior album del 2007, per dire.
Beat storti, bassi pulsanti, eteree e distanti vocalist, arrangiamenti che sembrano piovere dal futuro, il tutto estremamente coeso e coerente, oscuro ma trascinante.
L’autore, un tizio schivo, geloso custode della propria riservatezza, è rimasto pressoché anonimo fino al 2008, quando si è scoperto trattarsi di un certo William Bevan, informazione che non ha aggiunto molto alla sua biografia, in quanto il William in questione è un tizio abbastanza al di fuori dei giri noti dei club londinesi o della musica underground in genere.
Infatti il modo migliore per definire la sua musica e che conferma il suo essere un po' "fuori dal giro", arriva proprio da una sua intervista:”Il suono su cui mi focalizzo è tipo quando esci da un club e nella tua testa c'è l'eco della musica che hai appena sentito... io amo la musica da club, ma non posso fare quel tipo di roba... posso provare a riprodurre il riverbero di quella sensazione”. E questi riverberi si sentono distinti in tutto l’album, distanti, rarefatti, a volte accennati e interrotti, proposti e poi abbandonati, ma sempre a reggere la fragile struttura su cui poggiano i bassi potenti.
Sono dischi che ti convincono che la musica dei nostri anni sia ancora grande musica.
(ne avevo già parlato qui)
Io l'ho visto giocare.
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5 settimane fa
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