Sulutumana, in dialetto lecchese "sull'ottomana", ovvero sul divano. E ascoltando il cd per molti aspetti sembra davvero di essere seduti sul divano di una casa italiana. Come in un album di famiglia, si rivedono nella musica dei Sulutumana (loro hanno il vezzo di scriverlo tutto maiuscolo con l'ultima "a" minuscola, mah...) tante facce conosciute della cultura musicale italiana. Citazioni precise di Paolo Conte ("Il frigo"), echi di De Andrè ("Cussesumaiami"), De Gregori e Fossati, ma anche di musica bandistica e folk, il tutto dentro un album omogeneo, con una cifra stilistica chiara, di fattura assolutamente artigianale da parte di una formazione interessantissima, con 2 belle voci soliste, chitarra, violino, flauto, contrabbasso, pianoforte e batteria. Le composizioni sono tutte caratterizzate da un intenso lirismo, che fortunatamente sfugge all'atteggiamento compiaciuto di tanti aspiranti poeti. Da "Pomeriggio", piccola delizia scarabocchiata, alla title-track, col suo crescendo vorticoso, a "Viola", cantata in dialetto e forse il pezzo musicalmente più compiuto alla meravigliosa marcetta di "La vera storia di Marisa Pucheria", è tutto un caleidoscopio di musica suonata in punta di dita, senza una sbavatura, senza sudditanza agli stilemi imperanti, senza un eccesso, con una compostezza rara per un disco di esordio. Raffinati senza essere saccenti, poetici senza essere nè drammatici nè sdolcinati, i Sulutumana si votano da subito ad essere prodotto di nicchia, senza alcun appeal commerciale e senza alcuna chance di diventare icone. Come una vera bottega artigianale confezionano il loro prodotto con cura, devozione, e maestria, senza ostentazione, lasciando all'ascoltatore sia il gusto dell'ascolto che della percezione del processo creativo. E come per la bottega di un buon artigiano, chi ne conosce l'indirizzo poi ci torna sovente.
Io l'ho visto giocare.
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5 settimane fa
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