Mamma mia, che verve. Il quarto disco di questi misconosciuti Thou Shalt Not suona ingombrante e quasi prosopopeico, e nonostante ciò cattura per la gamma infinita di idee e spunti creativi. Alex Reed e i suoi due polivalenti soci ammettono forti simpatie per il goth-world di vent'anni fa, e certo gli impulsi wave emergono qua e là inconfondibili, ma Land Dispute è un luna park caleidoscopico dall'inventiva addirittura deflagrante.
Approccio rock ed elettronica si incontrano e disturbano vicendevolmente, nel calderone. Il drumming ridondante e invadente, che conduce le danze con profluvio di timpani e tom, viene squarciato da lamate di synth grossolani, chitarroni e chitarrine, e la voce canta a raffica con timbrica fresca e piglio drammatico. Lo stile è contaminato da decine di rimandi felicemente interiorizzati (da Ultravox ad A-ha, ma niente paura...) e se le canzoni spesso suonano prorompenti ed entusiastiche (come l'ineffabile When I Crash) non si possono trascurare due o tre ballad con pianoforte o acustica davvero deliziose
(Let Your Silence Sing è da brividini). E quando si è arrivati quasi in fondo si tocca il vertice con True Love, dove i Muse stringono la mano a Kurt Weill e si resta di stucco.
Insomma, sessanta minuti di romanticismo sturmunddranghiano e logorroico.
Ps
Ecco una folle salottiera versione one man band di
True Love.
Nessun commento:
Posta un commento