giovedì 24 dicembre 2009

MdD(luca) #1: Animal Collective – Merriweather Post Pavilion (2009)

Sono stato per un po’ dibattuto se assegnare il titolo di Migliore del Decennio a questo album o a Feels del 2005. Che il titolo andasse a loro, agli Animal Collective, non avevo dubbi: un modo di fare musica superlativo e almeno 5 album di fila senza una caduta di stile, sempre ad altissimi livelli, rendono questo gruppo il “mio gruppo preferito”. Poi per conto mio al top di questa mirabile serie ci sono appunto Feels e Merriweather Post Pavilion.
Alla fine ho optato per questo, semplicemente perché più maturo e raffinato, anche se un po’ di nostalgia per i ricami chitarristici di Josh "Deakin" Dibb non si può non provarla. I tre ‘sopravvissuti’ comunque hanno fatto di necessità virtù e si sono orientati verso un approccio più elettronico al loro multiforme psyhc-pop incrementando l’utilizzo di diavolerie elettroniche per costruire il suono. Noah “Panda Bear” Lennox aveva infatti appena fatto una significativa esperienza in questo senso con notevolissimo Person Pitch, per cui è stato in grado di prendere egregiamente le redini del progetto e realizzare quello che forse è il loro album migliore e meglio prodotto.
Pastiche elettronico, pop psichedelico, musica corale e fricchettona, gli Animal Collective si dimostrano definitivamente come i migliori interpreti di questo primo decennio del millennio con la sua fluida e rapidissima mutabilità, con le caleidoscopiche influenze che lo frammentano e lo rendono talmente cangiante da essere inafferrabile.
Perché è difficile descrivere questo tipo di musica, ho provato diverse volte a farlo, ma senza mai riuscirci se non approssimativamente, e finendo ogni volta col dire: ascoltàtela.
Non è musica semplicissima, ma non è nemmeno pretenziosa o volutamente astrusa. L’approccio migliore per assaporarla è quello di lasciarsi trasportare, di sdraiarcisi sopra e permetterle di avvolgerci, di solleticarci con le sue mille spume con i frammenti ora aguzzi ora fluenti dei suoi innumerevoli suoni, delle sue stratificazioni delle sue voci sovrapposte.
E basta, senza troppe riflessioni, perché è troppo sfuggente la loro musica per poterla cogliere in pieno, appena ce l’hai è già cambiata.
Come la realtà di questo decennio.
Lunga vita!
(ne avevo già parlato qui)

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